Ricordando Renato Piattoli, insigne accademico porcarese

In questo anno nel quale si celebrano i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, vogliamo cogliere l’occasione per far memoria anche di Renato Piattoli, illustre accademico di origine porcarese che tanto ha contributo a far conoscere meglio la figura di Dante e della sua famiglia.

Nacque a Porcari il 28 luglio 1906 (quando questo territorio faceva ancora parte del Comune di Capannori) da Annibale e Maria Iole Andreotti, morì a Firenze nel 1974. Fu un eminente paleografo e diplomatista, tanto noto in ambito accademico, anche internazionale, quanto poco conosciuto presso i propri compaesani. La sua attività scientifica si sviluppò nel campo degli studi medievali con uno spiccato interesse per l’edizione delle fonti, specialmente quelle relative proprio al mondo dantesco. Nelle sue indagini archivistiche fu ideale continuatore dell’opera di Michele Barbi e Umberto Dorini. Ad esse si dedicò per oltre un quarantennio, raccogliendo un’ingente massa di documenti riguardante gli Alighieri. Il frutto di questo straordinario lavoro di ricerca si concretizzò nel Codice Diplomatico Dantesco (Firenze 1940; 1950), continuazione e rifacimento di quello iniziato nel 1895 da Guido Biagi e Giuseppe Lando Passerini e che raccoglie – nel testo integrale o in regesto o in estratto – documenti riguardanti la famiglia di Dante Alighieri dal 9 dicembre 1189 al 21 aprile 1364, alcuni dei quali già oggetto di studi da parte dello stesso Piattoli.  Al Codice seguirono, sulla scorta di nuove scoperte archivistiche, una serie di Aggiunte comparse in  “Studi danteschi” e in “Archivio Storico Italiano” tra il 1951 e il 1969. Frutto della sua collaborazione col Barbi fu lo studio La casa di Dante (1) che doveva esser parte di un volume comune su La Firenze di Dante. La rimanente produzione scientifica del Piattoli si concentrò prevalentemente nell’ambito diplomatistico e non ebbe attinenze col campo dantesco, all’infuori dello studio I Ghibellini del comune di Prato dalla battaglia di Benevento alla pace del Cardinale Latino (2). Un’ulteriore scoperta documentaria permise al Piattoli d’identificare la sorella di Dante, Tana Alighieri, che andò sposa a Leone Poggi e della quale si era sempre ignorato il nome, e di stabilirne i dati cronologici della vita. Renato Piattoli ha inoltre collaborato alla prestigiosa Enciclopedia Dantesca, edita nel 1970 dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, curandone molte voci.

Vi proponiamo di seguito un ricordo che di Piattoli fece Luciana Mosiici nel 1976.

Renato Piattoli

Renato Piattoli era nato a Porcari il 28 luglio 1906. Al suo paese natale, benché le vicende della vita lo avessero portato ad allontanarsene ancora fanciullo, amava spesso ritornare col pensiero nell’intrattenere amici, colleghi e allievi con le sue non rare, vivaci divagazioni autobiografiche. Trascorse l’adolescenza e la giovinezza a Prato, dove frequentò le scuole superiori, ginnasio e liceo classico, presso il Collegio Cicognini, e dove la presenza di archivi ricchi di documentazione specifica e inedita, non ultimo il Datiniano, valse ad accendere ben presto la sua vocazione di futuro storico e diplomatista. Questa poi si fece pressante e imperiosa quando, passato nel 1925 agli studi universitari, nella facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze si rivelò promettente allievo a Nicola Ottokar, medievalista, e a Luigi Schiaparelli, paleografo e diplomatista, sotto la guida dei quali doveva dedicarsi definitivamente agli studi storici e alle scienze cosiddette ausiliarie della Storia, appunto Paleografia e Diplomatica.

Dopo aver ottenuto nel 1929 la laurea in Lettere discutendo una tesi di Storia medievale, l’anno successivo conseguiva il diploma di archivista paleografo e infine il perfezionamento in Diplomatica presso quella Scuola speciale archivisti e bibliotecari paleografi, annessa all’Università di Firenze, che lo avrebbe annoverato in seguito tra i suoi docenti e animatori più autorevoli.

In pari tempo iniziava con Luigi Schiaparelli, cui lo legavano affetto e riconoscenza di discepolo oltre che comunione di interessi, una stretta collaborazione alla serie dei Regesta Chartarum Italiae curata dall’Istituto Storico Italiano per il Medioevo.

La libera docenza in Paleografia e Diplomatica, conseguita nel 1935, lo portò ad ottenere per incarico l’insegnamento di queste due discipline rimasto vacante per la morte di Luigi Schiaparelli, finché, nel 1942, risultato vincitore nel concorso nazionale, saliva sulla cattedra che era stata del suo maestro, cattedra che ricoprirà con dedizione all’insegnamento e con fedeltà assoluta a quella  tradizione di studi e di metodo che caratterizzano la scuola fiorentina iniziata da Cesare Paoli, perfezionata da Luigi Schiaparelli e da Renato Piattoli vivificata con l’esempio e con la parola nel corso della sua lunga attività scientifica e didattica.

A una carriera così rapida e brillante fa riscontro una ricca produzione scientifica che evade dai limiti netti delle discipline paleografiche-diplomatistiche per dispiegarsi in una molteplicità di interessi apparentemente disparati, tutti connessi intimamente con la storia della Toscana medievale e umanistica nei suoi vari aspetti, politici, culturali, mercantili, artistici, bibliografici. Renato Piattoli apriva la lunga serie delle indagini archivistiche e degli studi storico-diplomatici precocemente, nel 1926, quando, ancora studente, frequentava la facoltà di Lettere, iniziando con un gruppo di articoli che sono il risultato delle sue ricerche di liceale negli archivi pratesi, per poi allargare ed estendere l’ambito dei suoi lavori dall’erudizione storica ad argomenti e problemi di natura essenzialmente diplomatica e paleografica, a questioni dantesche, a edizioni di testi e a qualsiasi altro soggetto che potesse attrarre il suo entusiasmo di ricercatore instancabile e insaziabile. Uscirono pertanto a ritmo serrato opere che lo rivelano ormai studioso affermato e diplomatista eminente e che rappresentano contributi alla scienza diplomatica esemplari per rigore di metodo e lucidità di impostazione: si possono citare per gli scritti maggiori: Guida storica e bibliografica degli archivi e delle biblioteche d’Italia, vol. I, Prato (1932); vol. II, par. I, Pistoia (1934); vol. II, par. 2, Provincia di Pistoia (1936) (3); Lettere di Piero Benintendi mercante del Trecento (1932) (4); Miscellanea Diplomatica I (1935) (5); Miscellanea Diplomatica II (1936) (6); Lo Statuto dell’Arte dei padroni dei mulini sulla destra del fiume Bisenzio (1296) (7) del 1936; Le carte della canonica della cattedrale di Firenze (723-1149) del 1938 (8); Consigli del Comune di Prato (1252-1285) del 1940 (9).

Nello stesso anno veniva pubblicata la prima edizione di quel Codice diplomatico dantesco (10) che Renato Piattoli prediligeva fra tutte le opere di sua produzione, forse perché sentimentalmente legata al ricordo di anni di studio e di indefessa ricerca giovanile, di incontri stimolanti con maestri e personalità notevoli, valga ad esempio il suo sodalizio con Michele Barbi (La Casa di Dante del 1938) (11), e soprattutto per la vasta gamma di possibilità che tali studi danteschi parevano offrire a quella che era la sua più sentita e connaturata vocazione di scienziato: la interpretazione del documento. Tali indagini archivistiche di argomento dantesco non più interrotte, si sarebbero prolungate nel tempo dando vita a una seconda e accresciuta edizione del Codice, nel 1950, e a una serie di Aggiunte pubblicate a più riprese in «Studi danteschi» e nell’«Archivio Storico Italiano». Questa sua predilezione lo portò negli ultimi anni, pur nelle strette dell’infermità, a proseguire le ricerche collaborando con numerose voci all’Enciclopedia Dantesca e a vagheggiare e poi ad impostare un piano di lavoro per una terza edizione del Codice dantesco nonché per una Miscellanea di nuovi studi danteschi. Non è un caso trovare le estreme sue fatiche un articolo, che volle dedicare alla memoria dell’amico e collega carissimo, Giorgio Cencetti, incentrato su due personaggi storici della Divina Commedia, nativi di quella Lucca della quale si compiacque sempre rivendicare la cittadinanza (I personaggi danteschi lucchesi Bonturo Dati e Alessio Antelminelli a Firenze del 1973) (12).

Ma per offrire a chi lo ricorda un profilo più esauriente della sua ulteriore produzione scientifica basterà citare opere come la Miscellanea Diplomatica III (1941) (13); Le carte del monastero di S. Maria di Montepiano (1942) (14); L’era di Cristo nelle carte private medievali della Toscana (1942) (15); Statuti dell’Arte della Lana di Prato (1947) (16), che mettono in luce i suoi meriti e il suo valore di diplomatista insuperato, mentre lavori come Antonii Benivienii ENKOMION Cosmi ad Laurentium Medicem (1949) (17); Ricerche intorno alla biblioteca dell’umanista Sozomeno (1934) (18); Frammenti di antichi messali: I, Un frammento di messale in scrittura onciale e carolina (sec. X o XI). II: Un frammento di messale del sec. XII in scrittura beneventana (1942) (19), scoprono un altro aspetto della sua personalità: l’amore per il libro, sia manoscritto che a stampa, visto con gli occhi di raffinato bibliofilo e collezionista, ma anche riguardato non tanto come oggetto rivestente un certo valore bibliografico, culturale, scientifico, quanto, e soprattutto, come testimonianza di lavoro e di intelligenza umana.

I numerosi scritti di storia e di erudizione storica, di edizione e critica diplomatica disseminati in varie pubblicazioni e periodici non sono da considerare marginali: oltre che rivelare alcune sue particolari inclinazioni e curiosità per discipline collaterali come l’Archeologia (Un nuovo cippo funerario di tipo fiesolano ritrovato a Montemurlo del 1934) (20) e la Storia dell’arte (Un mercante del Trecento e gli artisti del tempo suo del 1930 (21); Tommaso di Bartolomeo scultore a Pistoia del 1934 (22); Qualche notizia sul soffitto ligneo della cattedrale pistoiese rinnovato verso la fine del sec. XIV del 1969) (23), al pari delle opere maggiori sono significativi e rivelatori dei numerosi interessi che animarono la sua vita di uomo, docente e studioso e nel loro insieme aiutano anche a penetrare talvolta nelle più riposte pieghe della sua complessa personalità. Fu soprattutto l’interesse intenso di partecipazione e simpatia per l’uomo, cui non andarono tuttavia disgiunti mai obiettività e severità di giudizio e il culto per l’onestà scientifica, il motivo centrale – e vorremmo dire essenziale – del suo sentire e della sua ricerca, sia che facesse rivivere la figura di un personaggio delle età passate dalla lettura di un diploma, di una imbreviatura, di un codice, di un incunabolo, sia che si apprestasse a giudicare o a conoscere più a fondo un suo contemporaneo, collega, amico, allievo che fosse. Questo sentimento, questo scopo, crebbe con lui e accompagnò sempre nelle sale di consultazione degli archivi e delle biblioteche il lavoro e l’opera dello storico, del diplomatista, del dantista, come, nelle aule e nell’Istituto di Piazza S. Marco prima e di Piazza Brunelleschi poi, ispirò costantemente l’attività di Renato Piattoli maestro di generazioni di insegnanti, bibliotecari e archivisti.

Articolo di Luciana Mosiici estratto da: «Rivista di archeologia, storia, economia costume», anno IV, aprile-giugno 1976, n. 2, pp. 33-38.

 

Riferimenti bibliografici

Renati Piattoli in memoriam. Bibibliografia degli scritti e opera postuma. Miscellanea diplomatica (4.) / Archivio Storico Pratese. – Prato, Cassa di Risparmi e depositi, 1976.

 

 

Un altro personaggio di origini porcaresi (ma non insigne) il cui nome è legato a Dante Alighieri

Concludendo questo doveroso omaggio a Renato Piattoli vogliamo far menzione di un altro personaggio, molto verosimilmente di origine porcarese. Si tratta dell’anonimo “Anzian di Santa Zita”, nominato da Dante nel canto XXI dell’Inferno (vv. 37-42), condannato alla pena inflitta ai barattieri nella quinta bolgia dell’ottavo cerchio.

Gustave Doré, incisione dal canto XXI dell’Inferno (1861)

Dante non ci dice direttamente di chi si tratti, ma ci ha lasciato diversi indizi che hanno permesso ad alcuni arguti commentatori di risalire al nome di Martino Bottario (o Martino Bottaio), già citato dal commentatore Guido da Pisa. È infatti bastato cercare se tra i membri del Consiglio degli Anziani lucchese ve ne fosse qualcuno morto vicino alla data del viaggio immaginario di Dante (avvenuto nella Settimana Santa del 1300) e si è scoperto che il Bottario morì il 9 aprile 1300, esattamente nel momento in cui Dante e Virgilio si troverebbero nella bolgia degli indovini (e qui la precisione di Dante sarebbe a livelli proverbiali).

Guido da Pisa, che si deve supporre ben informato circa le vicende lucchesi, dell’anonimo barattiere dice che fu «quidam popularis maximus antianus», che era chiamato «Martinus Bottarius, quia vegetes faciebat» e che morì nella sua città il 26 marzo 1300, in coincidenza, dunque, con quella che si assume essere la data del viaggio dantesco. La notizia è accolta da Francesco da Buti, che la condisce di un sapido aneddoto: «Costui, che non è nominato, altri voglion dire che fosse Martin bottaio, il qual morì nel 1300, l’anno che l’Autore finge che avesse questa fantasia […] e fu costui un gran cittadino a Lucca al tempo suo, e concorse con Bonturo Dati e con altri uomini di bassa mano, che reggevano allora Lucca. Onde, andato una volta ambasciatore al Papa per lo suo comune […] disse: “Grollami, grollami santo Padre, che mezzo Lucca grollerai”, quasi volesse dire ch’elli era uno de’ due che reggeva Lucca».

Muovendo da questi pochi dati, Francesco Paolo Luiso ha dimostrato la consistenza storica del personaggio (24), sulla base di carte notarili rinvenute nell’Archivio di Stato di Lucca. Due estratti dai verbali delle adunanze del Consiglio del Capitano e del Consiglio generale del Comune, tenutesi, rispettivamente, il 30 settembre e il 1° ottobre 1295, citano in effetti un «Martinus Bottarius anxianus lucani populi» (pp. 86-88); un terzo documento, del 1293, relativo a un debito di 2 fiorini d’oro contratto solidalmente da Martino, da suo padre e da Francesco Azienti, testimonia che Martino era figlio di tale Vitale del fu Bandi di Porcari, della contrada di S. Bartolomeo in Silice (ibid., p. 90).

 

Note

1 «Studi Danteschi», XXII (1938), pp. 5-81.

2 «Archivio Storico Italiano», vol. 88 (serie 7, Vol. 14), n. 4 (336) (1930), pp. 195-240.

3 R. Istituto Storico Italiano. Guida storica e bibliografica degli archivi e delle biblioteche d’Italia, diretta da Luigi Schiaparelli. Roma, Libreria dello Stato, vol. I, par. I, 1932; vol. II, par. I, 1934; vol. II, par. 2, 1936.

4  Estratto dagli «Atti della Società Ligure di storia patria», LX, fasc. I (Genova, 1932).

5 In «Bull. dell’Istituto Storico Italiano e Archivio Muratoriano», n. 50 (1935), pp. 63-77.

6 In «Bull. dell’Istituto Storico Italiano e Archivio Muratoriano», n. 51 (1936), pp. 1-54.

7 Prato, Stab. Tipo-litografico G. Bechi e C., 1936.

8 R. Istituto Storico Italiano per il Medioevo. Regesta Chartarum Italiae, 23 (Roma, 1938).

9 Atti delle Assemblee costituzionali italiane, serie III, sez. III (Bologna, 1940).

10 Firenze, Libreria L. Gonnelli & Figli, 1940.

11 M. Barbi e R. Piattoli, La casa di Dante, in «Studi Danteschi», XXII (1938), pp. 5-81.

12 In Miscellanea in memoria di Giorgio Cencetti, Torino, Bottega d’Erasmo, 1973, pp. 389-407.

13 In «Bull. dell’Istituto Storico Italiano e Archivio Muratoriano», n. 57 (1941), pp. 151-204.

14 R. Istituto Storico Italiano per il Medioevo. Regesta Chartarum Italiae, 30 (Roma, 1942).

15 In «La Bibliofilia», XLIV (1942), pp. 213-273.

16 Statuti dell’Arte della lana di Prato (secoli XIV e XVIII), a cura di Renato Piattoli e Ruggero Nuti, Firenze 1947. A R. Piattoli spetta l’edizione degli statuti dal 1320 al 1533.

17 Firenze, Libreria L. Gonnelli e Figli, 1949. Pubblicazione di squisita eleganza, uscita in occasione del quinto centenario della nascita di Lorenzo de’ Medici. Alla riproduzione dell’autografo si accompagnano la trascrizione diplomatica del testo e un proemio che è tra le più raffinate opere di R. Piattoli.

18 In «La Bibliofilia», XXXVI (1934), pp. 261-308.

19 In «La Bibliofilia», XLIV (1942), pp. 185-194.

20 In «Studi Etruschi», VIII (1934), pp. 401-405.

21 In «Rivista d’Arte», XI (1929), pp. 221-253, 396-437, 537-579; XII (1930), pp. 97-150.

22 In «Rivista d’Arte», XVI (1934), pp. 191-204.

23 In «Bull. Storico Pistoiese», ser. III, vol. IV, A. LXXI (1969), pp. 139-140.

24 Cfr. F.P. Luiso, L’Anziano di Santa Zita, in «Miscellanea lucchese di studi storici e letterari in onore di S. Bongi», Lucca 1927, pp. 61-91.