Varia-agosto


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo Sgughi. Raccontare il dopoguerra con i suoi sogni e la realtà attraverso la storia di un personaggio / Andrea Bartalesi. Porcari, Stampato in proprio dall’Autore, 2020.

L’Autore dedica questo appassionato ricordo a un personaggio porcarese forse sconosciuto ai più giovani ma del quale i porcaresi più anziani conservano un vivido ricordo. È la storia di Ugo Del Carlo, meglio noto come “Lo Sgughi”, nato a Porcari (LU) il 4 luglio 1929 e morto a Pisa in circostanze tragiche il 24 marzo 1987. Ugo fu un ciclista con la stoffa del campione puro,  non a caso la sua memoria è prevalentemente legata a una sfida che il 16 novembre 1947 lo contrappose a Ivano Fanini, altro grande ciclista residente a Segromigno, nel comune di Capannori. Una storia che dissolvendosi nel tempo sfuma nella leggenda, dai contorni epici, fatta di dualismi, di avversari (mai nemici), di fiero campanilismo… di povertà e voglia di riscatto in una nazione devastata dalla guerra.

(La Biblioteca comunale di Porcari ringrazia l’Autore per il dono di due copie dell’opera)

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’aurora  delle trans cattive. Storie, sguardi e vissuti della mia generazione transgender / Porpora Marcasciano. – Roma, Edizioni Alegre, 2018.

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Abbracciando un periodo di circa quarant’anni e i suoi profondi cambiamenti socio-politici, Porpora traccia la propria genealogia trans aggiungendo tasselli essenziali alla ricostruzione storica di una cultura spesso relegata al margine. E lo fa da protagonista del percorso collettivo, ancora privo di una lettura condivisa, di chi si è posto consapevolmente nello spazio di confine tra i generi. Con una scrittura “visiva” in grado di rendere in immagini ciò che ha visto e vissuto, Porpora ci accompagna in un mondo popolato di leggendarie trans che hanno dato vita, forma, scena e sceneggiatura a un’esperienza per molti versi più vicina alla dimensione spettacolare o performativa che a quella della vita reale, da cui erano del resto assolutamente escluse. Vivere quella vita presupponeva avere muscoli, calli, scorza dura. L’assenza di riconoscimento e di diritti non poteva che favorire l’illegalità, e la prostituzione – fenomeno per molti aspetti con caratteristiche differenti da quelle odierne – diveniva l’asse portante dell’esistenza. Ma proprio questo percorso ha prodotto la capacità di parlare di sé in un tempo in cui esisteva solo lo sprezzante appellativo di “travestito” e nel vocabolario non c’erano ancora parole come transgender o gender variant. Gli aneddoti, i miti, le storie “scandalose” che Porpora racconta con il suo stile ironico e “favoloso”, si intrecciano con le riflessioni sulla presa di coscienza collettiva, sulla nascita del Mit (Movimento identità trans) e sulla conquista del riconoscimento giuridico con la legge 164 del 1982. Porpora recupera l’epica trans delle origini per rivendicare il percorso straordinario di persone perseguitate, violentate, ferite nella loro dignità umana, che hanno avuto la forza di incrinare la narrazione dominante che fa della transessualità una dimensione patologica, raccontando un’esperienza di vita unica. Che rifugge anche i tentativi di normalizzazione dell’epoca postmoderna.

Porpora Marcasciano è una figura storica del trans-femminismo italiano e autentica voce libera della collettività LGBTI+. Attualmente, è Presidente onoraria del MIT (Movimento di Identità  Trans) dopo esserne stata a capo dal 2010 al 2017.  Il suo impegno nell’attivismo è andato sempre di pari passo con quello culturale. Anzi l’uno ha vicendevolmente sostanziato l’altro. Ha pubblicato Tra le rose e le viole – La storia e le storie di transessuali e travestiti (Manifestolibri, 2002); Favolose narranti. Storie di transessuali (Manifestolibri, 2008), Antologaia – Vivere sognando e non sognare di vivere: i miei anni Settanta (Alegre, 2015) e L’aurora delle Trans cattive –Storie, sguardi e vissuti della mia generazione (Alegre, 2018). Ha partecipato con contributi a svariate altre pubblicazioni, tra cui: Porneia. Voci e sguardi sulle prostituzioni (Il Poligrafo, 2003); Altri femminismi. Corpi culture lavoro (Manifestolibri, 2006); Oltre le monocolture del genere (Mimesis, 2006); Gay. La guida italiana in 150 voci (Mondadori, 2006); Transessualità e scienze sociali (Liguori, 2008). L’amore ai tempi dello tsunami (Ombre corte 2014); Esquimesi in Amazzonia (Mimesis, 2014); Infiniti amori (Ediesse, 2014). Ha curato insieme ad altri Elementi di critica trans.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il virus che rende folli / Bernard-Henry Lévy. Milano, La Nave di Teseo, 2020.

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La pandemia che ha travolto le nostre vite dalla fine di febbraio non ha messo a repentaglio solo la nostra salute, né solo la nostra economia. A differenza delle altre epidemie della storia, ha travolto anche la nostra testa, portandoci a una specie di follia collettiva in cui si sono perse priorità, chiarezza di sguardo, obiettivi e capacità di giudizio. La “prima paura mondiale” (come è stato per la Prima Guerra Mondiale) ha stravolto tutto, ed è ora di fare un bilancio. Bernard-Henri Lévy – filosofo e giornalista da sempre attento ai temi etici della contemporaneità – individua in cinque punti i rischi maggiori sul piano sociale e morale del Covid-19: la sanitarizzazione della società; l’idea di una “lezione del virus”, una sorta di lettura provvidenziale e punitiva della pandemia; l’apprezzamento del ritiro nelle proprie case, un confinamento prima noioso, poi sempre più dorato, protettivo; il riposizionamento dei valori della vita (per cui portare a spasso i cani è diventato essenziale, uscire a prendere un libro no) e infine la messa in secondo piano, anzi la neutralizzazione, di tutti gli altri problemi del mondo, come se non esistesse altro che la pandemia. È ora di recuperare, dopo questa esperienza disastrosa, un’idea di mondo e di vita più complessa. È ora di tornare a vivere. Senza dimenticare quello che abbiamo passato, ma andando oltre. Guardando più in là.

Bernard Henri Lévy. Filosofo e giornalista francese, uno dei più noti esponenti, insieme con André Glucksmann, del gruppo dei ‘nuovi filosofi’. Dopo la laurea in filosofia all’Ecole Normale Supérieure di Parigi, fece un viaggio in Bangladesh, di cui parlò nel suo primo libro, Bangla-Desch: nationalisme dans la révolution (1973). Nei suoi primi lavori, in particolare La barbarie dal volto umano (1977), Lévy svolse una radicale critica della società contemporanea, attaccando violentemente sia il comunismo sia il capitalismo, considerati ideologie ingannevoli che la filosofia, ‘guardando in faccia l’orrore’, deve smascherare. Con Il testamento di Dio (1979) recuperò le istanze dell’originario insegnamento biblico, secondo cui l’esistenza deve configurarsi come resistenza al disordine del mondo e alla violenza. In seguito pubblicò L’ideologia francese (1981), Il diavolo in testa (1986), Elogio degli intellettuali (1987). Difensore instancabile dei diritti umani, ha sostenuto la causa dei musulmani di Bosnia, come testimonia Bosnia!, un film documentario girato nel 1994. Al 2002 risale I dannati della guerra, in cui l’autore esamina le guerre che non sono oggetto costante dell’attenzione dei mass media e che, quindi, parrebbero quasi non esistere. Lévy insegna filosofia all’Ecole Normale Supérieure di Parigi e all’Università di Strasburgo. È sposato con l’attrice e cantante Arielle Dombasle (da: Encarta).

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

The Buffalo Saga: A Story from World War II U.S. Army 92nd Infantry Division Known As the Buffalo Soldiers / James Harden Daugherty. [S.l.], Xlibris Corporation, 2009

The Buffalo Saga chronicles a Buffalo Soldier’s nexus of the dynamics of race and war. World War II army’s 92nd Infantry Division, known as the Buffalo Soldiers, was the only division strength unit made up of African Americans to fight in the European theater. This was an all-Black unit although the highest-ranking officers were white. The 92nd was assigned to northern Italy, where they fought against German and Italian troops. They served with great distinction from late 1944 until the end of the war, with many killed and wounded. These men were great heroes and great Americans who waged a fight for freedom abroad even as they were denied freedom at home. After the war, they returned to a still segregated United States of America.

James Harden Daugherty is a World War II Buffalo Soldier. His military awards include a Bronze Star Medal for heroic achievement and a Combat Infantryman Badge for outstanding performance of duty in action againist the enemy. Following his discharge from military service, he has had a distinguished career serving in administrative positions in the United States Public Health Service. He has had an appointed position in the state of Maryland, and an elected position in Montgomery County, Maryland both in the field of education. He currently lives with his family in Montgomery County, Maryland.

 


 

Ultimo aggiornamento della pagina: 19/08/2020