CAA – Comunicazione Aumentativa Alternativa

La Comunicazione Aumentativa Alternativa: un approccio da diffondere

di Maria Caterina Minardi

La Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) è un approccio clinico dai vari volti, ma dallo scopo univoco di offrire alle persone con bisogni comunicativi complessi la possibilità di comunicare tramite canali che si affiancano a quello orale.
La CAA offre numerose potenzialità, ma è ancora poco diffusa nel nostro Paese.
Non avere la possibilità di parlare, esercitando quella funzione specifica dell’uomo che è lo speech, ovvero il linguaggio verbale, non significa non potere comunicare. Ne è un esempio evidente la lingua gestuale utilizzata da molte persone sorde.
La Comunicazione Aumentativa Alternativa è un approccio che si propone di offrire una modalità alternativa a chi, oltre ad essere escluso dalla comunicazione verbale e orale a causa di patologie congenite o acquisite presenta anche deficit cognitivi, più o meno severi.
La CAA è tutto l’insieme di strategie, strumenti e tecniche messe in atto in ambito clinico e domestico per garantire la comunicazione alle persone che non possono esprimersi verbalmente.
La CAA non si propone di sostituire il linguaggio verbale: al contrario, in quanto aumentativa, la CAA prevede la simultanea presenza di strumento alternativo e linguaggio verbale orale standard, che si accompagna al simbolo visivamente e oralmente, tramite il supporto del partner comunicativo che la pronuncia ad alta voce. Il simbolo diventa allora supporto alternativo che accompagna lo stimolo verbale orale in entrata, e, qualora sussistano le possibilità, accompagna e non inibisce la produzione verbale in uscita. Di conseguenza, la Comunicazione Aumentativa non inibisce l’eventuale emergere del linguaggio verbale, ma si propone al contrario di potenziarlo.
Come già detto, la CAA non è semplicemente una questione di strumenti comunicativi. Uno dei più noti strumenti di CAA conosciuti è forse il sistema scrittura in simboli. Il semplice utilizzo degli strumenti di scrittura e di lettura in simboli viene ancora spesso confuso con l’intervento di Comunicazione Aumentativa vero e proprio. Tuttavia, per essere efficace, l’utilizzo di questa strategia è efficace solo dopo avere gettato e assicurato la base per una iniziale competenza comunicativa che spesso, come conseguenza del disturbo linguistico e cognitivo, non si sviluppa in modo spontaneo.
In questa luce, il contributo della CAA è ancora maggiore: il suo scopo non è infatti unicamente quello di fornire strumenti comunicativi alternativi, ma quello di sviluppare le abilità di comunicazione, che sono innanzitutto il desiderio di comunicare, un oggetto da comunicare, la possibilità di comunicare con partner abili e informati e, infine, gli strumenti adatti per portare avanti la comunicazione.
Per questo motivo, l’intervento di Comunicazione Aumentativa Alternativa non richiede alcun tipo di prerequisito, se non la possibilità di creare occasioni di comunicazione. Tali occasioni rappresentano infatti la base sulla quale potere sviluppare i vari livelli della comunicazione, che non riguardano solamente la possibilità di esprimere un bisogno primario, ma, ancora più importante, anche la possibilità di esprimere una scelta, una preferenza, di dare voce ai propri pensieri e desideri e di sapere interagire anche sul piano socio-pragmatico, in un’interazione che esce dal solo piano contestuale; in una parola, l’intervento di Comunicazione Aumentativa consente di autodeterminarsi e di agire sull’ambiente.
Inoltre, la possibilità di esprimere, seppure talvolta in maniera limitata, il proprio pensiero o desiderio, limita il sentimento di angoscia e frustrazione legato all’impossibilità di farsi capire, riducendo anche in maniera proporzionale lo stress della persona con bisogni comunicativi complessi e il presentarsi di comportamenti problematici.
È necessario quindi che l’ambiente e i partner comunicativi che affiancano la persona con bisogni comunicativi complessi siano estremamente accoglienti e informati, e aderiscano anch’essi alla CAA.
A questo riguardo vi è in primo luogo senza dubbio la famiglia, prima esperta e professionista della persona con bisogni comunicativi complessi. Spesso, in un intervento riabilitativo, questa assume più il ruolo di spettatore passivo, e raramente prende parte all’attività dei professionisti.
Se si prevede l’utilizzo della CAA, il ruolo della famiglia nel processo di riabilitazione alla comunicazione deve cambiare radicalmente, spostandosi da un ruolo marginale ad uno centrale, come descritto nel Modello Family Centered messo a punto da Rosenbaum (2004).
Secondo questo modello, il rapporto gerarchico tra specialisti e famiglia, a cui forse siamo abituati, deve lasciare spazio ad un rapporto intenso e di reciproco scambio, in cui i compiti specifici di famiglia e professionisti sono entrambi necessari nelle loro diverse mansioni e conoscenze, e secondo il quale la partecipazione e l’utilizzo attivo della Comunicazione Aumentativa deve essere intrapreso in maniera concorde e uniforme da entrambe le parti, in un vero e proprio lavoro di squadra coordinato dai clinici e implementato dai network che fanno parte della vita quotidiana, come la famiglia e la scuola.
L’intervento di CAA non può rimanere infatti limitato alle poche ore di riabilitazione settimanali. In questo caso non si tratterebbe di una comunicazione integrata, ma di sola riabilitazione clinica. Nella vita della persona con bisogni comunicativi complessi, la CAA deve toccare i vari ambiti della quotidianità.
Per questo, il ruolo della famiglia è fondamentale, ma non ancora sufficiente: per essere davvero efficace, la CAA deve potere coinvolgere tutto l’ambiente circostante, compresi gli ambienti meno familiari, quali la scuola, gli ambienti ricreativi, fino a toccare i luoghi pubblici e di incontro dell’intera società. Infatti, l’intervento di CAA ha un forte potenziale in un soggetto solo se l’intera rete collabora e partecipa a questo tipo di comunicazione.
È quindi auspicabile che in Italia vengano sempre più spesso messi a punto progetti di comunicazione urbana facilitata, come già succede in alcuni paesi all’estero, nei quali anche i negozi, luoghi ricreativi, ospedali e in tutti i luoghi pubblici e quotidiani della vita in città diventino esperienze accessibili a tutti, mediante la presenza organizzata si strategie di CAA che traducono le informazioni principali relative ad un luogo, e che offrono gli strumenti di base per favorire l’autonomia della persona con bisogni comunicativi complessi nell’interazione in quel determinato luogo.
Questo tipo di ambienti inclusivi sono inoltre estremamente utili anche per gli stranieri che stanno imparando la nostra lingua, o per soggetti verbali che non possono comunicare in seguito ad operazioni chirurgiche o incidenti.
Inoltre, la CAA si è rivelata anche un utile ed apprezzato strumento per tutti i bambini in età prescolare che muovono i primi passi nel mondo della lettura e dell’autonomia.
La Comunicazione Aumentativa Alternativa assume quindi un duplice (persino triplice) vantaggio e dimostra di essere un potente strumento che crea legame e inclusione all’interno di una società.
Ma, come si diceva all’inizio, per portare gli effetti desiderati questo approccio deve essere diffuso, a partire dall’ambito clinico per arrivare a quello sociale, non solo tra chi ne ha bisogno per esprimere bisogni primari, ma anche per informare l’ambiente circostante, affinché diventi, col tempo e con iniziative di formazione e sensibilizzazione, un ambiente veramente accessibile alla comunicazione anche per chi non può parlare.

Articolo tratto da: Fare Leggere Tutti Aps (ottobre 2018), reperibile all’URL: https://www.fareleggeretutti.it/cosa-e-la-caa-comunicazione-aumentativa-alternativa.